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Lockdown

La primavera dell’anno 2020 sarà un periodo che non verrà mai dimenticato, ne sono sicuro.
Il Covid-19 dilaga in Piemonte, così come in altre regioni italiane, le misure per il contenimento del contagio non possono che essere rigorose. E’ pandemia.

Il contesto di riferimento è il seguente:

- Primo punto all’ordine del giorno: evitare il contagio;
- E’ fatto divieto ad ognuno di noi di uscire di casa, tranne che per comprovate ragioni (per accedere alla via pubblica occorre esibire su richiesta delle Forze dell’Ordine un’autocertificazione);
- Familiari e amici non si incontrano da diverse settimane e non sanno quando lo potranno ancora fare. I più piccoli si trovano costretti a improvvisare giochi in casa, rinunciando alle uscite e al clima primaverile; ragazzi e adulti usano i mezzi informatici per surrogare, con il contatto a distanza, il desiderio di vedersi, di abbracciarsi;
- Le scuole sono chiuse già da diverse settimane e non si prevede la possibilità di riapertura a breve. Insegnanti e studenti cambiano metodo di lavoro e si affidano alle tecnologie per consentire lezioni a distanza;
- Aziende, negozi, bar, ristoranti sono chiusi con tutte le conseguenze del caso. Unica eccezione le attività considerate essenziali;
- Alcuni generi alimentari si trovano con minore facilità, tra cui prodotti come lievito e farina. Le famiglie cominciano a panificare tra le mura domestiche, non lo si faceva dai primi anni ‘40;
- Vengono privilegiate le consegne a domicilio che molti esercenti, anche con l’aiuto di volontari, mettono a disposizione tra i loro servizi. I centri commerciali aperti adottano misure per distanziare le persone lontane l’una dall’altra;
- Vige la regola del cosiddetto distanziamento sociale: almeno un metro è la distanza di sicurezza che le persone devono rispettare nelle poche necessarie occasioni d’incontro;
- Ci laviamo frequentemente la mani con detergenti disinfettanti, spesso in modo ossessivo;
- Alcuni di noi s’improvvisano abili parrucchieri o toelettatori;
- I parchi pubblici sono inaccessibili, con l’unica eccezione di consentire le necessarie uscite degli animali domestici;
- Le gare sportive sono sospese, così come ogni altro evento che possa determinare assembramento di persone;
- Il coronavirus si trasmette principalmente per le vie aeree: è previsto l’uso di mascherine protettive, ma di queste, vista l’ingente richiesta, c’è carenza, addirittura nelle strutture sanitarie. Anche le farmacie ne sono per lo più sprovviste;
- Le strutture ospedaliere lavorano in emergenza, il personale sanitario è in prima linea per curare i pazienti positivi al virus. I respiratori artificiali, così necessari nelle situazioni a rischio, sono purtroppo carenti. Le visite a famigliari malati sono inibite;
- In caso di scomparsa di un parente non è possibile procedere con le esequie funebri, i familiari non possono concedergli l’estremo saluto;
- I luoghi di culto sono chiusi al pubblico;
- Il prezzo del carburante risulta diminuito, ma nessuno ne trae beneficio visto che le auto stanno ferme per giorni e giorni;
- I Governi hanno chiuso le frontiere, per la prima volta dal dopoguerra lo spazio aereo è inoccupato;
- Aeroporti e stazioni sono luoghi deserti;
- Anche le vie delle città sono deserte, sia di giorno, che di notte. A Casale Monferrato abbiamo potuto notare la presenza di caprioli in via Lanza, nei pressi del centro storico, intenti a specchiarsi nelle vetrine dei negozi. Tra gli spazi più aperti delle nostre campagne i cinghiali la fanno da padroni, spostandosi in grossi branchi;
- Abbiamo vissuto un inconsueto periodo Pasquale. Dal piccolo schermo abbiamo osservato Papa Francesco solo, nella deserta piazza vaticana, a celebrare i riti pasquali fino alla benedizione Urbi et Orbi;
- Vi è incertezza su quando tutto questo finirà.

Il mio racconto fotografico si basa su due importanti scelte di fondo: immortalare la vita domestica nel periodo del lockdown attraverso l’uso di un bianco e nero contrastato e volutamente sottoesposto, con l’eccezione di un unico scatto raffigurante l’arcobaleno come simbolo di speranza nonostante la minaccia di nuvoloni neri ancora presenti all’orizzonte. Nel connubio tra tecnica e emozioni ho cercato di privilegiare queste ultime, non so se ci sono riuscito.
Volutamente non ho scelto di raffigurare gli spazi aperti e deserti della città, ma le mura domestiche come specchio in grado di riflettere nitidamente anche tutto ciò che succede all’esterno.
Il bianco e nero di questi scatti non ammette distrazioni, ci permette di concentrare l’attenzione sui contenuti, sui messaggi e sui sentimenti che le dinamiche della vita famigliare sempre ci regalano, anche nei momenti difficili.

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